Diocesi di LUNI - Diocesi di CHIAVARI
Con decorrenza dal
20 luglio 1959 ed a seguito del Decreto della Sacra Congregazione
Concistoriale vengono rettificati i confini delle Diocesi di Luni e di
Chiavari. La Parrocchia di S.
Antonio viene, così, inserita nella nuova Diocesi di Chiavari guidata dal
Vescovo, S. E. Mons. Francesco Marchesani.
"Nel salone «Giuseppe Da Pozzo» del
palazzo vescovile di La Spezia alla presenza degli Eccellentissimi Mons.
Francesco Marchesani, Vescovo di Chiavari, Mons. Giuseppe Stella, Vescovo di
Luni e Mons. Carlo Boiardi, Vescovo di Apuania, Sua Eminenza Rev.ma il Card.
Giuseppe Siri, Arcivescovo di Genova, a questo scopo deputato del S. Padre,
ha eseguito il mandato della Sacra Congregazione Concistoriale circa alcuni
mutamenti delle tre diocesi. Per il venerato Decreto infatti vengono staccate
dalla diocesi di Chiavari ed unite alla diocesi di La Spezia le seguenti parrocchie:
Carro, Carrodano Inferiore, Carrodano Superiore, Castello, Mattarana, Pera,
Ziona, Castagnola, Deiva, Framura, Mezzema, Piazza, Chiama, Campore,
Lagorara, Maissana, Tavarone, Caranza, Cassego, Cembrano, Codivara,
Comuneglia, Ossegna, Porciorasco, Scurtabò, Taglieto, Valletti, S. Pietro
Vara, Varese Ligure, Portovenere con le tre isole Palmaria, Tino e Tinetto. Viene staccata dalla diocesi di Chiavari la
Parrocchia di Lago col Santuario di Roverano e viene unita alla diocesi di
Brugnato. Dalla diocesi di Brugnato vengono staccate
ed unite alla diocesi di Chiavari le seguenti Parrocchie: Arzeno, Nascio,
Repia, Statale, S. Maria di Nazareth di Sestri Levante, S. Antonio di Sestri
Levante, S. Margherita di Fossa Lupara, Pila sul Gromolo, S. Stefano del
Ponte, Riva Trigoso, Trigoso, S. Bartolomeo della Ginestra, Casarza Ligure,
Verici, Barassi e Campegli... In
seguito all'augusto provvedimento della S. Sede il territorio della diocesi di
Luni viene a coincidere perfettamente con la provincia di La Spezia".
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l'ORATORIO e la prima CHIESA
Le notizie circa le origini della Chiesa
sono scarse. Non vi è nessuna testimonianza negli Archivi dell'Archidiocesi
di Genova alla quale ha appartenuto, fino al 10 maggio 1515, il Vicario
Foraneo di Sestri Levante e le parrocchie soggette prima della permuta
avvenuta in quell'anno tra Genova e Brugnato: vengono, infatti, cedute alla
Diocesi di Brugnato le parrocchie di Santa Maria di Nazareth, Casarza, Riva,
S. Bartolomeo. Trigoso ed altre, contro le parrocchie di Castello, Frascati,
L'Ago ed altre appartenenti prima a Genova ed ora alla Diocesi di Chiavari.
"Questa chiesa era un'abbazia
appellata dei S. Giovanni Battista ed Antonio, o semplicemente Antonio, nei
vecchi codici manoscritti. Il suo beneficio abbaziale fu trasferito
nella chiesa parrocchiale di S. Nicolò dell'Isola verso l'anno 1550, perché
la chiesa era caduta i tale rovina da dover essere riedificata in proporzioni
più ridotte e destinata a semplice oratorio per la pietà dei fedeli che
abitavano nelle sue vicinanze. Di qui la denominazione dell'Oratorio di S.
Antonio in capite Burgi o de capite Burgi".
Vincenzo Podestà scrive a conferma: "Nella
Chiesa di S. Nicolò esisteva circa il 1550 un'abbazia che in vecchi codici
M.S. dell'Archivio parrocchiale, trovasi appellata dai Ss. Giovanni ed
Antonio, ora semplicemente da S. Antonio, evidentemente quassù trasportata
dopo la rovina della sua Chiesa antica posta in Capite Burgi, accanto alla
Torre sul rio Ravino e proprio sull'angolo dove, da due anni, s'apre la nuova
grande via". "Tennero questa abbazia distinte
persone del clero Sestrese come un De Scarpa, un Gerolamo Milanta, un Giovan
Paolo Ferrari, un Vincenzo Daneri, canonico della Collegiata e Pro - Vicario
Generale, ed ultimo il Canonico Arcidiacono Domenico Federici". "...finché il 12 marzo 1824, previo
rescritto della sacra Congregazione del Concilio, il vescovo diocesano mons. Pio
Luigi Scarabelli la incorporò nel Capitolo della Collegiata (Santa Maria di
Nazareth), certamente non pensando di far così morto e sepolto un antico e
venerando titolo delle Chiesa di Sestri".
Egli aggiunge una nota nella quale precisa:
"Lo scrivente poté osservare, mentre si ponevano le fondamenta della
casa che fa angolo, ed è proprietà del Signor Narciso Gazzano, presso la
torre di Ravino, venuti alla luce tra i rottami alcuni pilastrini del
balaustrato marmoreo ".
Nel 1581 l'esistenza dell'oratorio è
dimostrata da una relazione circa la visita pastorale di Mons. Nicolò
Mascardi, vescovo di Brugnato, il quale, usando anche i poteri di visitatore
apostolico, dà alcune disposizioni: "Si facci lastricare di dentro e con
abbadini e con altre materie — si facci l'altare nella forma prescritta e la
chiave resti in mano al Rettore di Sestri o d'altra persona eccezione al
Cappellano di detto Oratorio".
Mons. Mascardi, nel 1582, ripete la visita
pastorale ed accorgendosi che non era stato eseguito nessun lavoro, ribadisce
in modo più energico le proprie disposizioni: "Poiché in detto Oratorio
non abbiamo trovato alcuna cosa eseguita delle nostre ordinazioni, ma anzi in
peggior termino di prima, né essendo giovato il proibire che non si
celebrasse Messa in detto Oratorio, acciocché per l'avvenire si provveda che
simili luoghi sacri ed ecclesiastici siano tenuti con quella veneratione et
decentia che si conviene, abbiamo ordinato nell'atto di questa nostra visita
che i frutti di detto Oratorio siano sequestrati in mano del nostro Vicario
di Sestri al quale di nuovo comandiamo che eseguiti detto nostro ordine
dandone prima notizia al Sig. Commendatore Menati, al quale spetta la cura di
detto Oratorio et frattanto non permetta che né in l'uno né nell'altro
(Oratorio di San Leonardo) si celebri Messa non convenendo simili lochi a
tanto Sacrificio".
Anche queste parole sono inascoltate e, nel
1583, sempre Mons. Mascardi, visto che l'italiano non veniva capito si
esprime, alquanto spazientito, in latino ecclesiastico. Egli va oltre:
distrugge personalmente altare, calice, messale e gli inutilizzabili
paramenti, poiché vecchi, sporchi e stracciati.
"Visitavi Oratorium Sancti Jo.
Baptistae in quo inveni nihil renovatum; in eo reperivi multas sordes et
tectum aliquantulum devastatum intusque calicem staneum sordidissimum quem
fregi, altare portatile angustissimum et male adaptum quod fregi, missale
veterrimum et atiquissimum quod laceravi et paramenta aliqua pro celebrando
Missa sordidissima et lacerata quae reponi jussi in sacristia
parochiae".
L'Oratorio deve, però, avere qualche locale
annesso a servizio della Chiesa stessa. Sempre Mons. Mascardi, proseguendo nella
sua visita, trova, in un luogo appartato, delle pecore. Dispone la vendita
degli ovini ed l'utilizzo del ricavo, unito ai proventi presenti e futuri
dell'Oratorio, per il restauro al quale deve provvedere il parroco di San
Nicola.
Davide Roscelli fa riferimento ad una
azienda agricola, S. Cipriano, gestita dai Padri Benedettini della Basilica —
Monastero S. Giovanni di Pavia, avviata "nei pressi dell'odierna Chiesa
di S. Antonio da Padova".
"... bisognerebbe parlare della
fondazione di una Corte, poiché quell' insediamento risultava dotato, oltre
che di una propria Cappella (intitolata ai Santi Giovanni ed Antonio), anche
di una Torre di difesa".
Nei documenti vescovili degli anni
successivi non c'è più alcun riferimento all'Oratorio di S. Antonio, passato
prima ai Basiliani e nel 1608 ai Padri Conventuali Scalzi (o Padri di Monte
Calvario). Questi ultimi ricostruiscono la Chiesa di S. Giovanni Battista ed
edificano l'annesso Convento, l'attuale casa di proprietà dei Marchesi
Sertorio.
"Il 17 dicembre 1742 il Card. Fiurao
chiese al Vescovo di Brugnato Nicolò Leopoldo Lomellini una relazione per
conoscere quale destinazione fosse stata data ad un alloggio sito sopra il
coro (...) che era stato ceduto ai Padri Conventuali unitamente al
giuspatronato da parte del magnifico Pietro Giustiniano. Con decreto del 12 giugno 1771 il vescovo
di Brugnato Francesco Maria Gentile limitava la sepoltura nella chiesa di S.
Antonio ai figli impuberi di coloro che nella stessa Chiesa avevano i loro
maggiori. A questo decreto, con appello
all'Arcivescovo Metropolitano, si opposero i Padri domenicani in quanto
analoga proibizione era stata estesa anche alla loro chiesa della S.ma
Annunziata a Portobello. Pertanto è da ritenersi che la consuetudine
di seppellire nelle chiese della Collegiata, di S. Antonio e della S.ma
Annunziata sia rimasta sino al decreto napoleonico del 1810. Con la legge del
13 settembre 1810 vengono anche soppressi i conventi, provvedimento che
colpisce le Monache Turchine di Sestri Levante. Con i Minori Conventuali progrediscono sia
l'Oratorio sia il convento. Nel 1797 la Rivoluzione Francese investe anche la
Repubblica di Genova e vengono colpiti i beni ecclesiastici. L'11 novembre 1798 viene fatto un
inventario dei beni dei Regolari Conventuali di S. Antonio. Oltre la chiesa
ed il piccolo convento, risultò un pezzo di terra detta «carne salata,
vignata, con poche piante di olivi e campiva, condotta in enfiteusi perpetua
dal cittadino Giovanni Battista Stagnaro, apprezzata da periti del netto
valore di L.200». Ancora nel 1798 venne ordinato alla
Compagnia del Cordone, canonicamente eretta nella Chiesa di S. Antonio, di
fare un rapporto sulle consistenze patrimoniali alla Municipalità di Sestri
Levante che, a sua volta, avrebbe riferito al cittadino commissario Francesco
Ferri della Giurisdizione Gromolo e Vara. Era allora amministratore della
Compagnia il cittadino Antonio Borasino che presentò la contabilità ove, a
tutto il 4 ottobre 1798, risultava un introito di L. 1925,10 e l'uscita al 10
novembre 1798, di L. 1950. Non presentò l'amministratore altri inventari, né
altro scritto «per non avere detta Compagnia alcun mobile, né sussistenza
eccetto le elemosine»".
Con la secolarizzazione degli ordini
religiosi, si chiude l'esistenza del Convento dei Minori Osservanti in Sestri
Levante e la Chiesa, dichiarata necessaria, viene affidata da Mons. Gian Luca
Solari, Vescovo di Brugnato, al Rev. Gaetano Raggio, che percepisce solamente
qualche emolumento avventizio. Si parla, inoltre di una raccolta di preghiere
"una volta usate dai Frati Conventuali", edita a Sestri Levante,
usata nella Chiesa dei Santi Giovanni Battista ed Antonio da Padova. L'Impero (1805) e la relativa pace
religiosa, non riportano i Padri Conventuali a Sestri Levante.
"Il 30 settembre 1841, giorno della
visita pastorale di Mons. Francesco Agnini, Vescovo di Luni — Sarzana e di
Brugnato, la Chiesa mancava di ogni reddito, all'infuori delle elemosine
amministrate da massari eletti dal Vescovo. Ne era cappellano il Cav.
Raffaele Repetto ".
Con la Restaurazione, dopo il Congresso di
Vienna, i frati riprendono possesso della Chiesa del loro convento fino al
1866, quando quest'ultimo viene espropriato e venduto; la Chiesa rimane
definitivamente al Clero Secolare. Il 31 gennaio 1855 l'edificio sacro viene elevato
a succursale della Collegiata di S. Maria di Nazareth.
"Nel 1884 ne era massaro il cav.
Vincenzo Fascie, che dava noie alla fabbriceria di Santa Maria di Nazareth,
permettendosi di fare questue, ecc. L'arciprete Vincenzo Podestà interpose i
suoi buoni uffici, ma senza risultato, onde il cav. Fascie fu fatto invitare
dall'avvocato Gallo del foro di Genova a rendere conto delle questue alla
Fabbriceria ed a far staccare la lapide arbitrariamente posta nell'Oratorio
di S. Antonio per essere corretta della bugiarda dichiarazione della
Fabbriceria che figurava nella lapide stessa. Il cav. Fascie iniziò qui quell'opera
autonoma che lo portò ad amministratore perpetuo della chiesa di S. Antonio.
Fu un periodo di attività che culminò poi nel desiderio di rifare ex novo la
chiesa ingrandendola, come si può vedere nel suo testamento che venne poi
modificato quando intervenne il Vescovo mons. Giovanni Carli che, sotto
l'arciprete Antonio Cafferata, gli tolse le chiavi della chiesa. Allora il
Fascie cambiò idea, ma lasciò disposizioni a favore della Chiesa di S.
Antonio, come da suo testamento nel 1920. Alla chiesa fece anche eseguire
importanti lavori di restauro che, in quel tempo, gli costarono ben 18.000
lire".
Nel testamento olografo, Vincenzo Fascie
Rossi dice chiaramente di voler contribuire al benessere ed al progresso di
Sestri Levate, sua città natale e sua cara Patria. Inoltre stabilisce donazioni ed un aiuto
concreto a vantaggio della Chiesa di S. Antonio; nella parte finale del
testamento si legge: «Invoco la protezione del nostro Taumaturgo
Sant'Antonio. Siccome patrocinai con zelo e sacrifici la chiesa pericolante a
lui dedicata ho la certezza che patrocinerà la mia causa presso Dio da farmi
ottenere un posto nel Paradiso... ».
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