Rimanete in me e io in voi - Gv 15,1-8

Una pianta domestica non può vivere senza le cure del contadino, che da essa trae nutrimento

Ogni albero e perciò anche la vite, è composto dalle radici che affondano nel terreno e rendono possibile alla pianta di ergersi e resistere al soffiare dei venti, ma ancor più le radici hanno il compito di assorbire l’umidità presente nel terreno e quei sali e altri elementi disciolti, che costituiscono l’alimento che fa crescere la pianta. Dalle radici si diparte poi il tronco, che spuntando dal terreno si eleva verso l’alto alla ricerca della luce del sole. Se tagliamo il tronco di una pianta viva, sentiamo che esso è umido, infatti, la linfa assorbita dalle radici scorre lungo tutto il tronco facendolo vivere e crescere. Dal tronco partono i rami, (che nel caso della vite si chiamano tralci) sui quali spuntano le foglie che hanno il compito di assorbire energia dalla luce del sole. La vite ha poi la particolarità di produrre ogni anno un numero eccessivo di tralci; un lavoro molto importante da fare in primavera è la potatura con la quale si tagliano i rami secchi che hanno già prodotto i frutti nell’anno precedente e si sfoltiscono i rami nuovi che assorbirebbero le energie della pianta impedendole di produrre i grappoli d’uva e di portarli a maturazione.

La linfa assorbita dalle radici scorre lungo il tronco e si comunica ai tralci, gli elementi chimici assorbiti dal terreno e l’energia del sole assorbita dalle foglie, rendono possibile il prodursi dei fiori prima e dei frutti poi.

Il vangelo di oggi

Giovanni 15,1-8

« Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. ».

Con l’immagine della vite e dei tralci, Gesù vuole parlare della relazione che si realizza tra Lui e i discepoli, che non è paragonabile a quella di un seguace che guarda il maestro e ne apprezza la dottrina cercando di mettere in pratica i suoi insegnamenti. Gesù vuol dirci che la relazione, che s’instaura con l’atto della fede, alimentata dai sacramenti, fa si che la sua stessa vita si trasmette a noi, così da renderci possibile vivere come Lui. Quello che voglio esprimere è un pensiero che può sembrare difficile, ma è molto importante per comprendere in che cosa consiste la vita cristiana. La relazione del cristiano con Gesù è paragonabile piuttosto all’amicizia. L’amicizia costruisce una relazione più grande di quella tra il maestro e i discepoli; chiamiamo questa relazione con il termine di “comunione” per dire che chi ama vive nell’amato. Come la linfa vitale passa dalla vite ai tralci, così la stessa vita passa da Gesù a chi crede in Lui e accetta di vedere la propria persona e la propria vita nella luce del suo amore.

Possiamo cercare di descrivere alcuni passi della relazione con Gesù intesa come “comunione”:

L’inizio è dato dalla scoperta di una corrispondenza tra ciò che noi cerchiamo e ciò che Gesù vive. Accade di poter dire con Pietro: “Da chi andremo? Solo tu hai parole di vita eterna”. Potremmo descrivere questa esperienza come la scoperta che in ciò che Gesù vive e in ciò che Gesù insegna c’è l’immagine più alta dell’uomo. Così diceva don Michele: “Credo in Gesù immagine alta e pura del volto dell'uomo così come lo ha sognato il cuore di Dio”.

Il secondo passo sta nel riconoscere che se è vero che Gesù è risorto, allora Egli vive in Dio e dunque non è assente, lontano, scomparso per sempre, anzi è vicino, e posso pensare che il suo amore oggi sia vero per me.

Il terzo passaggio ci chiede di prendere in mano il Vangelo e immedesimarci di volta in volta nelle persone incontrate da Gesù, riflettendo che possiamo pensarci amati come Simone o come il lebbroso, o il paralitico, o Marta e Maria, e chiederci che cosa questo significhi per la nostra vita.

Il quarto passaggio consiste nell’accostarci ai Sacramenti e nell’accogliere nel segno Sacro la presenza reale di Gesù.

Da questo percorso nascerà in noi uno sguardo nuovo sulla vita, perché incominceremo a vedere ogni cosa e ogni persona come la vedeva Gesù.

il Parroco