Questo è il mio corpo   Mc 14, 12-16. 22-26

Le analisi che vengono fatte sui mutamenti in atto nella società italiana costatano un sempre maggiore distacco delle persone dalla pratica religiosa. Anche nella nostra città verifichiamo una notevole diminuzione di persone che partecipano alla celebrazione domenicale. Questo calo delle presenze in chiesa non è attribuibile soltanto alla diminuzione della popolazione, ma anche al fatto che molte persone, particolarmente i giovani, non si riconoscono più nell’esperienza della comunità cristiana. Per tutti noi, radunati qui nella nostra chiesa, la Celebrazione domenicale dell’Eucarestia è l’appuntamento che dà senso alla domenica e che ci nutre e sostiene durante la settimana. La festa di oggi ci offre l’occasione di approfondire e di rimotivare la nostra partecipazione all’assemblea eucaristica.

La Parola di oggi

Marco 14, 12-16. 22-26

« Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».

Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?". Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».

I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. ».

Il nostro radunarci insieme per spezzare il pane, trova il suo significato considerando il momento in cui Gesù l’ha vissuto e ha dato agli apostoli il comando di continuare a farlo in sua memoria. Il vangelo ci dice che Gesù ha donato la sua presenza nel segno sacramentale dell’Eucarestia, all’interno dell’evento che siamo soliti chiamare “Ultima Cena”. Dal racconto avvertiamo l’atmosfera particolare di quella cena, pervasa dalla consapevolezza che quel momento era l’ultimo da vivere con i discepoli. Gesù sa che la sua vita va verso un appuntamento con la sofferenza e la morte, a causa di una trama malvagia che il potere religioso ha intessuto contro di lui. Proprio di fronte a quella consapevolezza, Gesù ha deciso nel suo cuore gli atteggiamenti con cui vivere quella circostanza: ancora proseguirà il suo cammino con l’assoluta fiducia che anche attraverso quella tragica circostanza si realizzerà il regno di Dio e di conseguenza continuerà ad avere sentimenti di misericordia e di perdono per i suoi nemici e per tutti. Il gesto dello spezzare il pane e donarlo agli apostoli vuole esprimere proprio l’atteggiamento che sta guidando la vita di Gesù.

Siamo soliti dire, come abbiamo imparato a catechismo, che “l’Eucarestia è il sacramento che perpetua e prolunga la presenza di Gesù”; in effetti l’Eucarestia è la presenza di Gesù mentre vive consegnandosi all’abbraccio del Padre e continuando ad avere una volontà di bene per tutti. Bisogna dunque dire che è il sacramento che rende reale per noi la relazione di amore vissuta da Gesù col Padre e con gli uomini. Una presenza reale, possiamo pensarla come una cosa che sta di fronte a noi, della quale abbiamo anche cura, ma che rimane comunque distante da noi; una relazione invece, ha la forza di entrare in noi e ci costringe a lasciarci modificare da essa.

La proposta evangelica offre la possibilità di una grande qualità di vita

Possiamo chiederci: “In che modo la relazione con Gesù può modificare la mia persona e la mia vita?”. Esprimo la risposta con questa formula: ”La nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo”.

La gioia - Il primo frutto che nasce dall’aprirci a una relazione nella quale riceviamo o doniamo amore è la gioia, che deriva dal riconoscere che chi ci ama ci riconosce preziosi e ci aiuta a elaborare la consapevolezza del nostro valore e della nostra dignità. Cosi dalla partecipazione all’Eucarestia dovrebbe nascere sempre la gioia.

Condividere gli interessi e i valori della persona amata - Il secondo frutto è un cammino di assimilazione che ci fa amare e condividere gli interessi e i valori della persona amata. Chi ci ama ci offre punti di vista diversi dai nostri, che magari non avremmo mai considerato, ma poiché ci sono offerti da quella persona, sentiamo di doverli prendere in considerazione e può accadere che attraverso il percorso dell’amicizia arriviamo a condividerli. Se l’Eucaristia è vivere una relazione con Gesù, deve accadere che ci lasciamo modificare da Gesù sino a condividere e fare nostri i criteri della sua vita.

Dare ad altri l’esperienza di amore che stiamo vivendo - Il terzo frutto che l’Eucaristia deve produrre in noi è un sentimento di condivisione, cioè dare ad altri l’esperienza di amore che stiamo vivendo. La meraviglia per un’esperienza di amore che non ci è data per i nostri meriti, fa nascere la sensazione di un debito, di un dono che non possiamo trattenere solo per noi. Nasce allora l’urgenza di dover restituire ciò che abbiamo ricevuto.

il Parroco