Nemo propheta in patria   Mc 6,1-6

Il profeta: chi è costui?

Nel linguaggio comune siamo soliti attribuire al profeta il compito di predire il futuro. È vero che noi cristiani riconosciamo che gli avvenimenti della vita di Gesù coincidono con parole dette da profeti più di seicento anni prima, trovando proprio in questa coincidenza una conferma per nostra fede. È vero che alcuni profeti biblici hanno predetto avvenimenti futuri: come Geremia, che ha annunciato in anticipo l’arrivo del re Babilonese e la conquista di Gerusalemme. In realtà non è solo questo il compito di coloro che Dio chiama per la missione profetica. Il profeta nella bibbia non si identifica con colui che anticipa gli avvenimenti futuri, ma piuttosto con colui che legge e interpreta gli avvenimenti della storia indicando quale deve essere la lettura dei fatti alla luce della volontà di Dio. Il termine profeta è composto da due parole: la seconda deriva dal verbo “femì”, che significa parlare, la prima è costituita dalla preposizione “pro” che può significare sia “in anticipo”, cioè dire una cosa prima che accada, ma può significare anche “al posto di”, cioè dire al posto di un altro. Il profeta è colui che si sente investito del compito di dire, di fronte alle diverse circostanze della vita, il punto di vista di Dio.

La Parola di oggi

Marco 6,1-6

« In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.

Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.

Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.

Gesù percorreva i villaggi d'intorno, insegnando. ».

Rispetto al compito profetico di cui ho parlato, vedo oggi due difficoltà.

- Identifico la prima con la difficoltà a cercare e formulare nella propria coscienza un punto di vista unificante che sia di riferimento fisso di fronte alle varie e mutevoli circostanze della vita. Scrive un pensatore del nostro tempo: “ Io sono convinto che questa vita sia per tutti un’odissea, ma che un conto sia avere un’Itaca nel cuore e nella mente, un altro l’esserne privi. Si può vivere senza Itaca? Ognuno risponda da sé, io vedo che alcuni vi riescono senza problemi e senza patemi, anzi con un senso accresciuto di leggerezza e libertà ”. Nella cultura attuale non conta avere un punto di vista, perché ognuno ha il suo e non c’è un punto di vista che valga per tutti. Ancor più non c’è un punto di vista che valga sempre, perché ogni volta ognuno può formulare un punto di vista secondo la convenienza.

- Vedo la seconda difficoltà nell’accettazione tranquilla e serena di una frattura tra pensiero e azione. Affermiamo di essere credenti e di riconoscerci nella proposta che Gesù fa nel vangelo, ci entusiasmiamo per la parola e la testimonianza di papa Francesco, ma all’atto pratico ci giustifichiamo dicendo che la parola di Gesù è esagerata o vale solo per i migliori. Affermiamo che quello che dice il papa è un bell’ideale, ma all’atto pratico ci facciamo una morale ad uso e consumo personale.

Sono dunque tempi duri per i profeti sia in patria che fuori. Eppure non possiamo rinunciare all’idea di una verità più grande da cercare, che sia un faro che valga per tutti e per sempre, che identifichiamo con la volontà di Dio manifestata nella Parola. Non possiamo rinunciare al desiderio di poterci un giorno guardare allo specchio senza vergognarci, perché finalmente saremo riusciti a vivere in modo coerente con il giudizio formulato nella coscienza.

il Parroco