Signore, da chi andremo?   Gv 6,60-69

" dignità " - ha radici antiche questa problematica

Si conclude in questa domenica la lettura del capitolo sesto del vangelo di Giovanni che abbiamo seguito per tutto il mese di agosto. In questo capitolo abbiamo ascoltato un dialogo serrato tra Gesù e i Giudei, egli ha sottolineato che siamo persone che abbiamo fame, ma non solo di pane, il vero bisogno è piuttosto quello di essere consapevoli del valore della vita. Per rispondere alle domande: “Che cosa ti dà dignità?”. “Che cosa ti dà forza di fronte alla paura della morte?”. Gesù ha fatto la sua proposta: “Ti dà dignità, ti dà forza il credere all’amore che Dio come un padre ha per te e il suo amore lo dà attraverso di me che vengo da Lui e io mostrerò il suo amore offrendo la mia vita fino a morire”.

La Parola di oggi

Giovanni 6,60-69

« In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». ».

Oggi sono messi a confronto due modi opposti di reagire di fronte alla parola di Gesù. Da una parte ci sono i Giudei, ma il vangelo ci dice che c’erano anche di quelli che avevano iniziato a seguire Gesù, i quali sentono quella parola troppo esigente e lo abbandonano. Dall’altra parte c’è il gruppo del quale si fa portavoce Pietro che esprime la decisione della fede in Gesù, perché riconosce la corrispondenza tra il bisogno di senso e la testimonianza della sua parola.

Potremmo dire che la liturgia di oggi ci invita a riflettere sull’atto della fede, presentandolo come una scelta, una decisione della libertà. La focalizzazione di questo tema è sostenuta anche dalla prima lettura, che ci presenta il famoso episodio della assemblea di Sichem, nel quale Giosuè chiede al popolo degli Ebrei appena entrato nella terra promessa, di confermare la scelta di restare fedeli alla alleanza con Dio sancita nel deserto.

Il coraggio di un sogno grandioso... ci vuole "cultura" e fiducia di avere un ruolo nel mondo

Considerando il modo di pensare e di vivere della popolazione italiana ed europea contemporanea, dobbiamo ammettere che il tema del credere in Gesù è molto complesso, (speriamo che il professor Botto venerdì sera ci aiuti a fare un po’ di luce). Possiamo mettere attenzione su due fenomeni. Il primo consiste nel diffondersi di un modo di vivere che prescinde totalmente dalla questione religiosa. Si ritiene irrilevante la questione della fede e neanche ci si chiede se ci siano ragioni per credere o per rifiutare la fede; l’unica tensione che muove le persone è procurarsi una vita che realizzi il maggiore benessere terreno e individuale possibile. “Star bene io! Star bene adesso!” L’altro fenomeno è quello di prendere dalla proposta della fede quello che serve al momento, ognuno crede a suo modo e non si riconosce più una autorità che possa dire qual è il modo di credere valido per tutti.

Penso che su questo tema dovremmo riflettere maggiormente soprattutto noi preti, indagando sulle cause di questi fenomeni e cercando le risposte da dare per presentare la fede come una proposta che ancora interessa ogni persona.

Sarò una persona nostalgica che resta ancorata ai dibattiti fatti al tempo dei gruppi giovanili, ma per me ha ancora valore chiedermi: “Che cosa da senso alla vita non solo adesso, ma anche se la vita dovesse cambiare e dovessi far fronte ad una malattia grave?”. “Posso vivere una vita che si preoccupa di me, senza vivere la responsabilità che il mio bene sia anche il bene degli altri?”.

La decisione della fede non s’impone come la conclusione della spiegazione di un teorema matematico o di un sillogismo filosofico, per cui arrivati alla fine del ragionamento si è portati necessariamente a concludere: “È vero, è proprio così”.

Anche se comporta uno sforzo di conoscenza, anche se richiede un cammino di riflessione, la fede è un atto più profondo di una conoscenza intellettuale, è un atto più globale, che coinvolge la totalità della persona, è un atto che assomiglia all’amore. Quando una persona inizia una storia di amore, certo non fa una cosa insensata, ma una storia d’amore non è neanche frutto di un ragionamento o di un calcolo matematico. Amare è una scelta, una decisione della libertà. Se qualcuno chiedesse a un innamorato: “perché ami quella persona?” Probabilmente non saprebbe trovare una spiegazione, saprebbe però dire “perché questo mi rende felice”. Cosi la fede in ultima analisi, trova la sua giustificazione nella corrispondenza tra ciò che cerco e l’esperienza della vita vissuta nella sua luce. Come appunto dice Simone: “Da chi andremo, solo con te abbiamo sperimentato una corrispondenza tra la tua Parola e la nostra domanda di vita”.

il Parroco