Il servitore di tutti   Mc 9, 30-37

Gli apostoli in un momento di non chiarezza

Raccontava il vangelo di domenica scorsa che Pietro si era dovuto ritirare in buon ordine in fondo al gruppo, dopo che Gesù l’ha rimproverato aspramente chiamandolo addirittura Satana. Nel vangelo di oggi sono tutti gli apostoli che devono arrossire di vergogna, perché la loro discussione contrasta con l’insegnamento e la vita di Gesù. Mentre il maestro ribadisce che la sua vita si compirà consegnandosi al Padre nella via della sofferenza, essi si contendono i primi posti nella classifica degli apostoli.

La Parola di oggi

Marco 9, 30-37

« In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato». ».

Nemmeno noi possiamo puntare il dito accusando gli apostoli, il loro comportamento è diffuso nella società attuale e non possiamo sentirci immuni. Anche i nostri ragazzi ai campi estivi sentono il bisogno di fare la classifica della ragazza più bella o del ragazzo più affascinante, imitando la società che sforna a ripetizione classifiche sul più bello, sul più ricco eccetera. Continuamente siamo messi in competizione con gli altri secondo l’immagine della parabola degli invitati che si contendono i primi posti al banchetto.

Gesù non spegne il desiderio che anima i discepoli, di realizzare un percorso di vita che dia loro coscienza di avere valore, ma offre un diverso criterio per valutare una vita che voglia dirsi riuscita. Essere consapevoli di avere valore è l’esigenza di ogni persona, è la condizione che permette di avere forza per affrontare la vita. Abbiamo forse tutti vissuto giorni turbati dalla sensazione di non essere considerati, che non ci fosse nessuno che ci cercasse, abbiamo tutti sentito una ferita quando parole offensive hanno leso la nostra dignità. Anche i genitori e gli educatori sanno quanto sia importante infondere nei ragazzi una giusta autostima, come questo sia la condizione che li aiuta a manifestare le loro capacità nei diversi campi di attività.

Il nostro valore è esterno a noi - ma non si realizza senza la nostra adesione, è una realtà corale

Dove appoggiare la consapevolezza del nostro valore? Riconosciamo come ambiguo il modo di rispondere cercato all’interno del gruppo degli apostoli, che si confrontano su chi tra loro valga di più. Secondo questa mentalità la grandezza dovrebbe nascere dal confronto con gli altri e fondarsi sull’essere più in alto in qualche graduatoria. È sbagliato questo, perché ogni persona è unica e imparagonabile. Se si accetta la logica della competizione, si entra in un meccanismo perverso in forza del quale c’è chi è in alto perché ci sono altri che sono in basso; chi vince e altri che perdono, chi ride e altri che piangono.

Segnalando il bambino come figura esemplare, Gesù indica la via alternativa nella quale cercare di fondare il proprio valore. Il bambino, nella società di Gesù non era riconosciuto come titolare di diritto; la sua piccolezza messa a confronto con il mondo dei grandi non gli consentiva di vantare delle superiorità. Il bambino, essendo incapace di bastare a se stesso, può solo fare affidamento ai genitori che gli hanno dato la vita. Per questo il bambino ha così bisogno dei genitori, per questo il bambino sa accogliere ogni cosa con meraviglia, perché riceve valore da chi lo ama.

Così il valore della persona dipende da quell’atto con cui Dio chiama un uomo all’esistenza; questa è la vera consapevolezza da acquisire: “Ho valore perché il Creatore mi ha ritenuto degno di esistere”. Il valore non è solo di alcuni, ma il valore è di tutti, perché tutti sono destinatari dell’amore creatore di Dio. Nel Regno di Dio non c’è chi è più grande rispetto a chi è più piccolo, ma tutti abbiamo valore perché tutti siamo unici, tutti siamo grandi, tutti siamo figli. Capiamo allora come sia grave calpestare la dignità di una persona, soprattutto se ciò deriva da giudizi su fatti esteriori come l’essere straniero o l’essere povero. Anzi, chi riconosce che il proprio valore viene da Dio che ci ama, deve sentire forte la responsabilità di dare valore proprio a quelle persone che non sono riconosciute dalla società in cui viviamo.

il Parroco