Seguimi! Mc 10, 17-30 Abbiamo già detto che nella parte del Vangelo che stiamo leggendo in questo periodo, Gesù si dedica particolarmente alla formazione dei discepoli. Anche noi, ascoltando la parola del maestro stiamo progressivamente costruendo l’identikit del vero credente e l'episodio ascoltato oggi si inserisce perfettamente in questo percorso, anzi gli dà un contributo fondamentale. Dobbiamo ancora osservare che l’espressione: “vita eterna” non si riferisce soltanto alla dimensione ultraterrena della vita, quella che ci aspetta dopo la morte, ma anche all’esperienza della vita terrena, quando la nostra persona percepisce che si sta realizzando la gioia. Ognuno di noi dunque può identificarsi con l’uomo che siamo soliti chiamare ”giovane ricco”, perché così dice il passo parallelo di Matteo, e pensare di chiedere a Gesù: “Cosa devo fare per essere felice”. Possiamo però dire che cerchiamo la vita eterna perché per realizzare la vera felicità dobbiamo anche riuscire a dare un significato alla realtà della morte che ci sta di fronte e ci mette paura, e che percepiamo come il più grande ostacolo a essere felici. + Dal Vangelo secondo Marco « In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre"». Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo ... E chi può essere salvato? ... Impossibile agli uomini, ma non a Dio! I maestri spirituali che ci guidavano quando eravamo in seminario, interpretavano questo episodio del vangelo riferendolo alla vita di noi ragazzi, che stavamo vivendo un tempo di discernimento della nostra vocazione. Nella chiamata del giovane ricco vedevano la proposta che Gesù stava facendo a noi seminaristi, una chiamata a vivere un’offerta più generosa rispetto a quella che faceva a tutti gli altri. Secondo questa visione antica si potrebbe pensare che il percorso dell’essere discepolo di Gesù è costituito da due stadi: il primo è una proposta per tutti a seguire la strada indicata dai comandamenti; il secondo stadio, solo per pochi, è quello della rinuncia a possedere le ricchezze; questo riguarda i religiosi e i consacrati. Io penso che nel dialogo con quell’uomo Gesù faccia una proposta che vale per tutti, offrendo la nuova via per fare esperienza di Dio e che possiamo sintetizzare con questa espressione: “Dalla via della legge, alla relazione con Gesù.” Possiamo immaginare che Gesù dica a quell’uomo: “Sei stato ammirevole nell’impegno per conquistarti la felicità con il tuo sforzo seguendo i comandamenti, ma se confidi sul tuo fare, non avrai mai la sicurezza di averla raggiunta, bisogna che tu accetti che la felicità ti sia regalata gratis, solo allora la troverai.” Provo ad approfondire un momento per spiegare in che cosa consiste la diversità tra le due vie. Nella via dei comandamenti, al centro c’è l’uomo che può presentarsi a Dio dicendo: “ Guarda come sono bravo, vedi come metto in pratica tutto ciò che hai prescritto”. Nella via dell’incontro con Gesù al centro c’è Dio e la nostra riconoscenza per Lui che ci è venuto a cercare offrendoci il suo amore gratuito, ed è per questo amore che siamo capaci di vivere con lui. C’è poi un altro rischio che si corre quando la relazione con Dio si riduce a vivere dei comandamenti, ed è quello di dividere la vita in settori: il tempo dei doveri verso Dio e il tempo in cui, adempiuti quelli, si pensa di gestire il resto del tempo a proprio piacimento. Come quell’uomo che avendo adempiuto tutte le prescrizioni, riteneva di poter gestire a suo piacimento le proprie ricchezze. Se invece si scopre la relazione con Dio, tutta la vita viene vissuta nella sua luce. Se la relazione con Dio avviene attraverso l’adempimento della legge, si può attribuire a se stessi il merito della relazione o sentirsi condannati quando non si riesce. Se la relazione con Dio è una sua iniziativa e un suo dono, si potrà sempre aver fiducia nella forza del Suo amore che riuscirà a vincere le nostre resistenze. Se ci mettiamo di fronte ai dettami esigenti della legge, siamo portati a pensare: “ è impossibile che io riesca a vivere così”. Se ci affidiamo all’amore di Dio, possiamo pensare: “Dio può farmi vivere anche ciò che ai miei occhi sembra impossibile”. il Parroco |