Il vino buono Gv 2, 1-12 La festa del battesimo di Gesù è, sia l’ultima del tempo di Natale che la prima del tempo ordinario, per cui quella di oggi è denominata seconda domenica del tempo ordinario. Per tutte le altre domeniche di questo tempo leggeremo il vangelo di Luca, ma nella seconda domenica ogni anno leggiamo un testo tratto dal vangelo di Giovanni. L’episodio delle nozze di Cana si ricollega al tempo precedente perché ha il carattere di Epifania, cioè è rivelativo dell’identità divina e messianica di Gesù.
« Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. « un Gesù trascendente, e molto umano » - il racconto di Giovanni è nel tempo, ma si immerge nell'eternità Tante volte ascoltando questo famoso episodio del Vangelo, ci siamo accontentati di commentare: “Quanto è stato buono Gesù ad utilizzare il suo potere divino per risolvere il problema che minacciava di trasformare la festa di nozze di quegli sposi in un deludente fallimento”. Oppure abbiamo detto: “Come sono stati fortunati gli sposi ad avere Gesù alla loro festa, hanno potuto avere una fornitura di vino buono, e per di più gratis”. Oppure abbiamo aggiunto: “Brava Maria, che essendo una donna attenta, ti sei accorta del problema di economia domestica che stava minacciando l’inizio della vita insieme di quella coppia”. Chi fosse propenso al “mugugno” e a vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto, avrà pensato: “Perché sprecare il potere di Dio per procurare del vino, quando ci sono problemi ben più gravi dei quali si potrebbe occupare”. Come succede al seme, dal quale inizia la vita della pianta che ha già in sé tutti i codici necessari a determinarne la vita successiva, anche l’investitura dall’alto che accade al battesimo di Gesù, contiene già in sé tutto il senso della Sua vita e missione. Alcune considerazioni ci spingono a farci più attenti e a non accontentarci della prima impressione. Se noi avessimo voluto raccontare di un matrimonio, avremmo detto molto di più su chi erano gli sposi, su com’erano vestiti, del numero degli invitati, di quale era il menù del pranzo nuziale, del perché era venuto a mancare il vino. L’evangelista invece si disinteressa di tutto questo perché, usando il suo particolare stile, gli interessa raccontare il fatto come simbolo di ciò che Gesù realizzerà nella sua Pasqua. Di fronte al vangelo di Giovanni, altre volte ho invitato a considerare l’incrocio di tre piani di lettura che sono: il primo riguarda il fatto, che cosa è accaduto; il secondo, che cosa dice sulla Pasqua, come nell’episodio possiamo vedere il percorso pasquale; il terzo riguarda “i lettori del vangelo”, cioè noi, e ci invita a riflettere su cosa significa l’episodio per la nostra vita di fede. • Ci sono vari indizi che spingono a dare del racconto una lettura simbolica. Il primo indizio è la parola che l’evangelista utilizza per definire l’opera di Gesù: quello che noi solitamente chiamiamo “il miracolo di Cana”, egli lo chiama segno, anzi l’inizio dei segni. Ora, “segno” è un’immagine o un racconto che induce a pensare a un’altra cosa. Di che cosa è segno il racconto di Cana? • Il secondo indizio non è riportato dalla lettura liturgica che abbiamo fatto, infatti il nostro testo inizia con l’espressione “In quel tempo”, ma il racconto nel vangelo inizia invece con l’espressione: “Tre giorni dopo”. Il terzo giorno è anche quello della risurrezione di Gesù. Nel segno di Cana, già si inizia a vedere il dono della Pasqua. • Se non foste ancora convinti che, nell’intenzione dell’evangelista Giovanni, il “miracolo” di Cana è molto più che il racconto di un fatterello edificante, ma si tratta di una figura della Pasqua di Gesù, c’è anche il terzo indizio, che è dato dalla parola “ora”. Tutti i lettori del vangelo di Giovanni sanno che questa parola ha un significato importantissimo, infatti, tutto il racconto del vangelo è scandito dall’espressione “non era ancora giunta la sua ora”, fino al momento solenne in cui Gesù annuncia: “L’ora è giunta” riferendosi chiaramente all’ora della morte e della sua risurrezione. Molti profeti avevano utilizzato l’immagine delle nozze per rappresentare l’alleanza di Dio con il popolo di Israele. Attraverso il racconto di Cana, già si prefigura l’annuncio pasquale: Gesù è lo sposo che viene in nome di Dio ad abbracciare l’umanità, rendendo possibile che la vita si realizzi come una festa. Dio vuole che l’uomo sia felice e la gioia si realizza accogliendo, attraverso Gesù, la rivelazione del Suo amore, un amore assoluto e infinito, un amore misericordioso e gratuito. Quell’amore di Gesù, che avendo amato i suoi, li amò sino alla fine. • Maria, la madre di Gesù, è colei che rende possibile il compiersi delle nozze tra Dio e l’uomo, e che ci sia la festa. Gesù chiama sua madre con il termine “donna” perché la sua figura rappresenta la chiesa che accoglie e dona a tutti l’amore di Gesù. Per accogliere l’amore di Gesù occorre vivere secondo lo stile di Maria, condensato nelle parole: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». il Parroco |