Io le conosco   Gv 10, 27-30

L’immagine del pastore è stata utilizzata tante volte dagli autori dei libri sacri dell’Antico Testamento, sia per parlare di chi esercitava l’autorità nel popolo di Israele, ma soprattutto per parlare di Dio. Tutti conosciamo il salmo: “Il Signore è il mio pastore”, che spesso cantiamo, dobbiamo però considerare tantissimi altri testi tra i quali il più importante è quello di Ezechiele, nel quale il profeta promette che Dio stesso sarà il pastore del popolo in sostituzione dei cattivi pastori. Dobbiamo pensare che proprio dall’utilizzo dell’immagine del pastore fatta dal profeta prenda spunto Gesù, per applicarla a se stesso e alla sua missione nel lungo discorso contenuto nel capitolo decimo di Giovanni. In questo capitolo Gesù utilizza vari aspetti della vita del pastore per parlare di se stesso, parla del recinto e della porta dalla quale le pecore devono passare, parla del pastore contrapposto al mercenario che non ha una vera cura delle pecore.

Con l’immagine del Pastore, Gesù applica a sé l’antica profezia dicendo che essa si realizza nella sua persona: attraverso di Lui Dio si manifesta come il vero pastore, perché egli è una cosa sola col Padre.


+ Dal Vangelo secondo Giovanni

« In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola». »

Questa relazione ha la qualità dell’amore, infatti il pastore è totalmente proteso alla ricerca del bene delle pecore. Dalla relazione col pastore dipende la vita delle pecore: da lui deriva la possibilità che le pecore siano nutrite e siano salvaguardate dai pericoli.

Della relazione che il pastore ha nei confronti delle sue pecore com’è descritta dal vangelo, mi sembra importante porre l’accento su come passi attraverso la conoscenza. Nel Vangelo di questa domenica si accenna appena a quest’aspetto, si dice infatti: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco”, ma se leggiamo l’intero capitolo ci accorgiamo come il tema della conoscenza tra il pastore e le pecore e viceversa, sia molto rilevante.

« Il padre misericordioso della parabola contiene in sé, trascendendoli, tutti i tratti della paternità e della maternità.
   Gettandosi al collo del figlio mostra le sembianze di una madre che accarezza il figlio e lo circonda del suo calore. »
   da Gionanni Paolo II: [ udienza dell'8 settembre 1999, nel commento alla Parabola del padre misericordioso ]

Ritengo importante sottolineare l’aspetto della conoscenza, perché questo significa che la relazione è “personale”. Una relazione che avviene attraverso la conoscenza, vuol dire che si rivolge alla persona, non semplicemente in quanto parte di un gruppo, ma la raggiunge nella sua singolare individualità. Se Dio ama me con una relazione personale, significa che mi vede non soltanto come parte dell’umanità o in quanto parte della chiesa, ma mi conosce e mi ama nella mia singolare individualità, con i pregi e i difetti, con le luci e le ombre. È per me riflessione molto feconda pensare che Dio mi conosca, in base a ciò posso accettarmi anche nei miei limiti, pensando che siano conosciuti da Dio.

Pensare che la relazione di amore che Dio vive nei miei confronti si è manifestata nella relazione che Gesù viveva con le persone che ha incontrato, pensare che è una relazione personale, arricchisce molto l’esperienza spirituale. Ogni persona è unica e diversa dalle altre: diversa per genere maschile o femminile, diversa per età giovane o adulta, diversa per le circostanze della sua vita, ma ancor più diversa per la singolarità del suo carattere. Pensare che Dio ama riconoscendo la singolarità di ciascuno, vuol dire che ciascuno deve dare a Dio una risposta di amore in base alla propria singolarità. Se noi consideriamo i santi, vediamo come essi siano tutti diversi, tanto che tra loro possiamo trovare una personalità forte, quasi militaresca come sant’Ignazio di Loyola e la semplicità, la tenerezza che quasi sembra ingenuità, di santa Teresa di Lisieux. C’è dunque un cammino cristiano che ognuno deve vivere valorizzando la singolarità della sua persona. Questa ricerca di come vivere il cammino dietro a Gesù valorizzando le doti personali si chiama “vocazione”. In questa ricerca emergeranno operai, insegnanti, medici o ingegneri cristiani, ma anche sposi o consacrati religiosi, oppure preti che capiranno qual è la strada per seguire Gesù, ma anche qual è la strada per valorizzare pienamente la propria persona.

il Parroco