Vegliate dunque    Mt 24, 37-44

Iniziamo con questa domenica il nuovo anno, dal tempo liturgico che si chiama Avvento. Questa parola è la trascrizione italiana del termine latino “adventus” che significa “venuta”. Di fronte all’arrivo di qualcuno dobbiamo vivere l’attesa, una disposizione a lasciare spazio a chi sta venendo, e accettare il cambiamento che questo comporterà. Di che cosa siamo in attesa? Per prima cosa dobbiamo cambiare la convinzione che il tempo di avvento sia una preparazione alla festa del Natale. I meccanismi della pubblicità seguono le loro logiche e già ci stanno bombardando con riferimenti al Natale e di conseguenza anche noi ci immedesimiamo nel clima pensando che dobbiamo incominciare i preparativi della festa. Il tempo in cui la liturgia ci invita a pensare alla nascita di Gesù e ad assumere gli atteggiamenti spirituali per rivivere l’avvenimento è l’ottavario che inizia il giorno 17. Prima di quella data il tempo di avvento ha un messaggio più profondo e lo possiamo formulare piuttosto in questo modo: “Che cosa mi aspetto dal tempo che ancora mi è dato da vivere?”.


+ Dal Vangelo secondo Matteo

« In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo». »

Il primo rischio è di non aspettarci molto dalla vita: il clima culturale nel quale siamo immersi è pervaso da un senso di disillusione, le speranze con cui è iniziato il terzo millennio si sono subito spente di fronte ai gravi fatti del terrorismo e di fronte alla crisi economica. Oggi non si pensa tanto al futuro come ad un tempo in cui ci sarà un miglioramento, lo si vede pieno di incognite oscure di fronte alle quali sembra necessario mettersi sulla difensiva salvaguardando se stessi.

Solo custodendo il desiderio è possibile vedere i segni che inducono alla speranza e riconoscere la responsabilità di partecipare al cambiamento.

Se provo a pensare dentro di me a quale sia l’attesa che grida nel mio animo, penso alla domanda della gioia. “Come e quando si potrà realizzare l’esperienza della gioia, di una felicità profonda che sappia reggere il confronto con tutte le circostanze della vita?”. Immaginando che nella mia vita possano capitare le vicende che accadono agli altri, mi chiedo: “Se fossi in quella situazione, riuscirei ancora a essere felice della vita?”. Questa domanda va di pari passo con un’altra, che mi pare sia a essa strettamente legata: “Posso proporre la gioia che cerco per me come motivo di gioia per tutti?”.

La parola del Vangelo fa riferimento al racconto mitico del diluvio, che è narrato nel libro della Genesi all’inizio della Bibbia. Nel quadro di una vita fatta di avvenimenti ordinari come mangiare, bere, dare origine alla famiglia, e noi potremmo anche aggiungere “andare al lavoro, far crescere dei figli, organizzare il proprio tempo libero”, solo un uomo riconosce che gli è affidato un compito complessivo, che gli è chiesto di partecipare ad un disegno, che il tempo tende ad un appuntamento decisivo. Quest’uomo è Noè, che ascolta la chiamata a costruire l’arca per far fronte al diluvio, strumento di salvezza per sé, per la propria famiglia e per la custodia e la continuazione della vita sulla terra.

Gesù, annunciando la sua venuta, invita a vedere il tempo della vita e della storia come lo spazio nel quale Dio sta costruendo un suo disegno di amore. Questo disegno, iniziato con la creazione e manifestato con la nascita di Gesù, si sta costruendo attraverso gli avvenimenti della storia e un giorno si compirà e si manifesterà. Guardare al tempo, alla luce di questa parola, vuol dire essere protesi in avanti; il futuro è il tempo nel quale il disegno dell’amore di Dio si compirà. Vivere alla luce di questa speranza vuol dire pensare che una vita giusta per tutti non accadrà per una magìa, ma per tante piccole scelte che toccano anche a noi.

il Parroco