Ricevete lo Spirito Santo. Gv 20, 19-31 Nella seconda domenica di Pasqua leggiamo sempre questo episodio del Vangelo, che offre tanti spunti di riflessione. Uno potrebbe essere quello della presenza di Gesù nella comunità dei discepoli nel primo giorno dopo il sabato, che potrebbe essere inteso come l’inizio della organizzazione del tempo con un ritmo settimanale che ha nella domenica il suo centro, sia come giorno che dà l’avvio alla settimana, sia come giorno verso cui il tempo converge. Potrebbe essere interessante riflettere sulla nostra domenica nel tempo della segregazione domestica a causa del coronavirus e prefigurarci come sarà la domenica in futuro.
« La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. |
Un altro spunto è il tema della fede alla luce della beatitudine proclamata da Gesù che elogia coloro che credono senza avere visto. A me sembra sempre molto utile in questa domenica affrontare la domanda su quale sia la relazione tra l’avvenimento che abbiamo festeggiato a Pasqua, la resurrezione di Gesù, e la nostra vita. Io penso che occorra tenere insieme tutto il percorso di vita fatto da Gesù, che tutto quello che Egli ha detto e quello che ha vissuto, abbia nella resurrezione il suo esito. In particolare ritengo che la resurrezione di Gesù sia la faccia della medaglia che ha come altra faccia la passione. Si debba cioè, vedere la resurrezione non come il rimedio all’ingiustizia della passione, ma come il suo traguardo. Ciò che dà come esito la resurrezione, non è tanto la sofferenza estrema vissuta da Gesù, quanto piuttosto il modo con cui Egli ha vissuto la sofferenza. Gesù non ha cercato la sofferenza a tutti i costi, ma ha preso coscienza che sarebbe capitata anche a lui la sorte assegnata nel libro della Sapienza al giusto, per il quale gli empi dicono: “Togliamolo di mezzo perché la sua vita ci è di imbarazzo”. Di fronte a questa coscienza, Gesù non ha cambiato il suo modo di vivere, non ha cambiato ciò che credeva essere vero, ma l’ha vissuto fino alla pienezza. In particolare Gesù ha continuato ad affidarsi a Dio come il Figlio al proprio Padre, ha poi continuato a credere nell’uomo e ad amarlo, anche se aveva il volto del nemico che gli dava la morte. La resurrezione è la risposta di Dio a quanto vissuto da Gesù, è la firma che Dio mette sulla vita di Gesù; veramente quella vita è stata la sua rivelazione, la più chiara e definitiva. Nello stesso tempo Gesù ha realizzato un’esperienza pienamente corrispondente alla dignità e alla nobiltà della persona umana, che è data dalle virtù della libertà e dell’amore all’altro. La resurrezione è possibile a tutti se si rivive lo stesso percorso di Gesù: la via dell’autentica libertà e dell’amore all’altro anche se nemico. Com’è possibile arrivare a vivere come Gesù? Questo può avvenire non per la via dell’imitazione, quanto piuttosto per la via della comunione realizzata dallo Spirito Santo, se si realizza quello scambio che San Paolo descrive nelle parole: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. È quello che Gesù fa soffiando sugli apostoli, rendendoli partecipi attraverso lo Spirito del suo stesso respiro.
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