Io sono buono. Mt 20, 1-16
« In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: Alzi la mano se c’è qualcuno, che all’ascolto della parabola, non ha sentito solidarietà con gli operai che hanno iniziato a lavorare al mattino presto e si sono visti ricompensare con la stessa paga di chi aveva lavorato un’ora soltanto. Per fortuna ci sono imprenditori ed aziende e organizzazioni in forma cooperativa, che cercano di inserire nelle attività produttive anche persone svantaggiate, che un calcolo puramente economico escluderebbe. Ma un’azienda deve necessariamente creare un profitto, almeno per generare risorse per la ricerca al fine di rinnovare il prodotto e produrre nuovi investimenti. Chi veramente distribuisse salari interi a chi lavora un’ora soltanto, vedrebbe calare drasticamente l’indice di produttività e anche calare fortemente la motivazione di chi lavora per l’intera giornata. Gesù, con questa parabola non vuole tracciare le linee di un trattato di dottrina sociale cristiana, né dare suggerimenti ai sindacati su come stilare un contratto di lavoro per gli agricoltori stagionali. La vigna di cui parla la parabola, è da vedere alla luce della parola dei profeti e dei salmi, è quella iniziata con un vitigno strappato dalla terra d’Egitto e trapiantato in quella di Cànan. Essa rappresenta la storia dell’amore di Dio per l’umanità, che ha avuto un percorso esemplare nella storia di salvezza vissuta per il popolo di Israele. Letta alla luce di questa considerazione, la parabola vuole rilevare l’agire di Dio, che nel mondo sta attuando un disegno di amore e chiama gli uomini a partecipare di questo amore. Gesù ci invita a riflettere sulla relazione con Dio e ci vuol dire che questa relazione non segue i criteri della relazione commerciale. Quest’affermazione ci dovrebbe tranquillizzare, invece no, perché noi siamo così abituati a pensare che ogni cosa deve essere pagata, ogni premio deve essere meritato, che siamo portati a trasferire questi stessi criteri nella relazione con Dio. La formazione che abbiamo ricevuto da ragazzi ha spesso utilizzato il criterio della ricompensa e del merito; ci sono persone a cui non interessa che Dio sia buono, basta che sia giusto, un contabile preciso che sappia registrare tutto il bene compiuto: “se è giusto non potrà che ricompensare”. Gesù, nella figura del padrone che assolda operai per la vigna, ha voluto rappresentare l’azione di Dio: egli agisce non spinto da un bisogno, ma dalla volontà di strappare quegli uomini a una vita vuota per coinvolgerli in un’attività che dia uno scopo alla loro vita. Gesù chiede di ripensare la relazione con Dio capovolgendo i criteri consueti. All’inizio del Discorso della Montagna aveva detto che occorreva essere “otri nuovi” per accogliere il vino nuovo; la novità è proprio questa: non è l’uomo che deve innalzarsi verso Dio presentando le offerte per guadagnarsi la Sua benevolenza, ma Dio, in modo assolutamente gratuito, va verso l’uomo per raggiungerlo con il Suo amore. Se tutti siamo in relazione con Dio perché raggiunti da un’iniziativa assolutamente gratuita, se tutti siamo amati, il valore e la bellezza del nostro cammino di fede non diminuisce. Se abbiamo coscienza di essere cristiani perché siamo stati amati di più, non dovremmo darci un senso di superiorità sugli altri che non credono. Se pensiamo di essere amati gratis, non dovremmo scandalizzarci se finalmente lo stesso amore raggiunge chi per anni non lo ha avuto. Se siamo consapevoli che la nostra vita di fede è dono, dovremmo gioire perché il dono a noi fatto nella giovinezza, possa essere fatto a qualcuno che lo riceve nella maturità. Quando si parla dell’amore di Dio c’è sempre qualcuno pronto a chiedere: “Se poi ama tutti a cosa serve agire secondo la strada del bene?” Spero che nessuno faccia il bene per meritarsi un premio o per paura di un castigo; il bene sia fatto per amore del bene, perché ciò corrisponde alla nostra dignità di persona, che restituisce così ad altri quanto già ricevuto in modo sovrabbondante da Dio. |
il Parroco |