« Effatà », cioè: « Apriti! »

 Mc 7, 31-37   Tempo Ordinario XXIII


+ Dal Vangelo secondo Marco

« In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: "Effatà", cioè: "Apriti!". E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: "Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!". »

Immaginiamo di essere di fronte alla carta geografica del Medio Oriente; Gesù fa uno strano percorso: partendo dalla zona costiera di Tiro e Sidone, che corrisponde all’attuale Libano, aggira a nord il territorio della Galilea per arrivare alla Decapoli, un distretto formato da dieci città di influenza greca, situate nei territori attualmente occupati dalla Siria e dalla Giordania. Dobbiamo pensare ad un lungo percorso in zona montuosa, uno sconfinamento di Gesù oltre il territorio degli Ebrei verso la regione abitata da pagani. Potremmo dire che Gesù è “senza confini”.

Gesù vive un incontro con un uomo cui non chiede passaporto, perché gli riconosce la dignità di persona

Anche in quel territorio Gesù vive un incontro con un uomo cui non chiede passaporto, perché gli riconosce un’identità più importante rispetto a quella nazionale, che è l’essere persona. Egli s’interessa particolarmente a quell’uomo perché è menomato in un aspetto importante dell’esperienza di vita personale, non può sentire perché è sordo e, di conseguenza, è anche muto.

Ascoltare e parlare sono gli strumenti che permettono a una persona di entrare in relazione con gli altri; attraverso l’ascolto possiamo accogliere le riflessioni e le esperienze degli altri, parlando possiamo comunicare agli altri i nostri pensieri e le nostre esperienze. Una persona che non può ascoltare e parlare è una persona che ha grandi difficoltà a comunicare con gli altri, perciò è colpita in una delle dimensioni essenziali della persona, che è appunto la capacità di relazione. Per fortuna nella nostra società, strumenti tecnologici e il linguaggio dei segni, permettono di sopperire a questa difficoltà.

Dobbiamo sempre valutare il comportamento di Gesù secondo quel programma annunziato all’inizio: egli è mosso dall’intento di mostrare il modo di vivere che corrisponde alla volontà di Dio. Di fronte ad un uomo menomato in una facoltà essenziale della persona, di fronte ad uno che non ha una vita conforme alla dignità dell’essere umano, quale sarà la volontà di Dio? Gesù mostra che la volontà di Dio è quella di operare in modo che recuperi la sua dignità e fa il possibile perché sia rimosso l’ostacolo che gli impedisce di essere una persona pienamente realizzata. È interessante il modo con cui Gesù agisce; quell’uomo non era in grado di ascoltare parole e allora Gesù entra in relazione con lui attraverso i gesti del corpo: lo accarezza, lo tocca sulle orecchie e sulla bocca, stabilisce lui per primo una relazione con quell’uomo e lo apre alla relazione con gli altri.

Non solo l’essere sordo o muto impediscono a una persona di essere capace di entrare in relazione, molti altri handicap ostacolano il vivere una vita corrispondente all’essere umano, ad esempio le condizioni di povertà, mancanza d’istruzione, differenze razziali o economiche. Gesù ci vuol dire che se abbiamo occasione di incontrare una persona che non ha una vita come la vorremmo per noi, una persona che non sembra neanche una persona, non possiamo rimanere indifferenti, la volontà di Dio è che tu la tocchi, la ascolti, che tu le dica qualcosa per riconoscerla come una persona e per restituirle dignità.

C’è un’altra riflessione suggerita dalla lettera di San Giacomo nella seconda lettura. Se tu che ti dici cristiano, tratti con riverenza una persona perché è ricca, perché è vestita con abiti alla moda o perché è una persona altolocata e tratti con disprezzo un’altra persona perché è povera, perché è vestita in modo logoro, allora sei tu che sei sordo. Sei sordo alla Parola che dice che tutti hanno dignità e importanza perché sono figli di Dio. Se tu vedi fare questa discriminazione nella società e non dici niente, non esprimi la tua indignazione verso l’ingiustizia, allora sei tu che sei muto. Possiamo riconoscere che siamo noi, sordi e muti, bisognosi di Gesù perché ci dia la capacità di ascoltare la Sua parola e di applicarla alla vita secondo la Sua volontà.

Per Gesù il centro della persona, ciò che Dio guarda dell’uomo, ciò da cui dipende l’essere buono o cattivo è il cuore, che deve essere orientato al bene. Con il termine cuore, Gesù indica quello spazio dell’esperienza umana che noi oggi chiamiamo interiorità o coscienza. La coscienza è quell’ambito nel quale ogni persona elabora la propria scala di valori, dove formula gli ideali che devono ispirare i suoi comportamenti. Una persona può compiere un gesto buono senza avere nel cuore una scelta del bene, ma compierlo per opportunismo, per convenienza, per darsi un’immagine, così come una persona può fare un’azione cattiva in buona fede, ignorando cioè il significato negativo di quel gesto. Una persona non è buona o cattiva soltanto in forza di un’azione esternamente compiuta, ma lo è in base all’intenzione con cui l’ha vissuta, al significato che ha dato a quell’azione nella sua coscienza. Il principio affermato da Gesù è molto moderno e molto attuale, pensiamo a quanto è difficile, non solo in campo religioso, far coincidere interiorità ed esteriorità, far corrispondere il pensiero alle parole, le parole alle azioni.

il Parroco