Vieni! Seguimi!
Mc 10, 17-30 Tempo Ordinario XXVIII
« In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?". Gesù gli disse: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre"". Ho già detto che nella parte del Vangelo che stiamo leggendo in questo periodo, Gesù si dedica particolarmente alla formazione dei discepoli. L'episodio ascoltato oggi s’inserisce perfettamente in questo percorso e dà un contributo fondamentale, infatti, molti ricordano come questo vangelo, chiamato solitamente “l’incontro con il giovane ricco”, sia stato utilizzato nel percorso del catechismo e nella formazione giovanile. Il tempo della giovinezza è particolarmente contrassegnato dalla proiezione verso il futuro ed è attraversato da tante domande su cosa ci riserverà la vita, se veramente riusciremo a trovare la felicità. È in fondo anche la domanda che viene posta a Gesù perché l’espressione: “vita eterna” non si riferisce soltanto alla dimensione ultraterrena della vita, quella che ci aspetta dopo la morte, ma anche all’esperienza della vita terrena, quando la nostra persona percepisce che si sta realizzando la gioia. Ognuno di noi dunque può identificarsi con l’uomo e pensare di chiedere a Gesù: “Cosa devo fare per essere felice?” Possiamo però dire che cerchiamo la vita eterna perché per realizzare la vera felicità dobbiamo anche riuscire a dare un significato alla realtà della morte che ci sta di fronte e ci mette paura, e che percepiamo come il più grande ostacolo ad essere felici. I maestri spirituali che ci guidavano quando eravamo in seminario, interpretavano questo episodio del vangelo riferendolo alla vita di noi ragazzi che stavamo vivendo un tempo di discernimento della nostra vocazione. Nella chiamata del giovane ricco vedevano la proposta che Gesù stava facendo a noi seminaristi, una chiamata a vivere un’offerta più generosa rispetto a quella che faceva a tutti gli altri. Secondo questa visione antica si potrebbe pensare che il percorso dell’essere discepolo di Gesù è costituito da due stadi: il primo è una proposta per tutti a seguire la strada indicata dai comandamenti; il secondo stadio, solo per pochi, è quello della rinuncia a possedere le ricchezze; questo riguarda i religiosi e i consacrati. Alcune osservazioni: * Io penso che nel dialogo con quell’uomo Gesù faccia una proposta che vale per tutti, offrendo la nuova via per fare esperienza di Dio e che possiamo sintetizzare con questa espressione: “Dalla via della legge, alla relazione con Gesù.” Possiamo immaginare che Gesù dica a quell’uomo: “Sei stato ammirevole nell’impegno per conquistarti la felicità con il tuo sforzo seguendo i comandamenti, ma se confidi sul tuo fare, non avrai mai la sicurezza di averla raggiunta, bisogna che tu accetti che la felicità ti sia regalata gratis, solo allora la troverai.” * Provo ad approfondire un momento per spiegare in che cosa consiste la diversità tra le due vie. Nella via dei comandamenti, al centro c’è l’uomo che può presentarsi a Dio dicendo: “ Guarda come sono bravo, vedi come metto in pratica tutto ciò che hai prescritto”. Nella via dell’incontro con Gesù, al centro c’è Dio e la nostra riconoscenza per Lui che ci è venuto a cercare offrendoci il suo amore gratuito, ed è per questo amore che siamo capaci di vivere con lui. * C’è poi un altro rischio che si corre quando la relazione con Dio si riduce a vivere dei comandamenti, ed è quello di dividere la vita in settori: il tempo dei doveri verso Dio e il tempo in cui, adempiuti quelli, si pensa di gestire il resto del tempo a proprio piacimento. Come quell’uomo, che avendo adempiuto tutte le prescrizioni, riteneva di poter gestire a suo piacimento le proprie ricchezze. Se invece si scopre la relazione con Dio, tutta la vita viene vissuta nella Sua luce. * Se la relazione con Dio avviene attraverso l’adempimento della legge, si può attribuire a se stessi il merito della relazione o sentirsi condannati quando non si riesce. Se la relazione con Dio è una sua iniziativa e un suo dono, si potrà sempre aver fiducia nella forza del Suo amore che riuscirà a vincere le nostre resistenze. * Se ci mettiamo di fronte ai dettami esigenti della legge siamo portati a pensare: “è impossibile che io riesca a vivere così”. Se ci affidiamo all’amore di Dio, possiamo pensare: “Dio può farmi vivere anche ciò che ai miei occhi sembra impossibile”. |
il Parroco |