Dare testimonianza alla verità.
Gv 18, 33-37 Tempo Ordinario XXXIV
« In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Siamo giunti all'ultima domenica del nostro percorso annuale: la chiesa ci suggerisce di raccogliere in un’unica immagine quei significati che abbiamo riscoperto domenica dopo domenica, guidati dalla parola di Dio, soprattutto dal Vangelo; quest'anno abbiamo letto particolarmente il vangelo di Marco. L'immagine che può riassumere il percorso di fede che abbiamo vissuto è quella che dà il titolo a questa festa e consiste nel proclamare Gesù “re dell'universo”. Dicendo che Gesù è “ re ” , vogliamo dire che Lui è al centro della vita. A volte abbiamo l'idea del Cristianesimo come di un sistema di pensiero, oppure come di una elaborazione di valori etici, in realtà il cristianesimo è il percorso che assume come luce per la propria vita la relazione con la persona di Gesù. Se il titolo di re vuole esprimere la centralità della persona di Gesù, dobbiamo anche affermare che Gesù ha sulla nostra vita un influsso assolutamente diverso dal potere esercitato dai re di questo mondo. Questo è reso evidente dal Vangelo che abbiamo ascoltato, nel quale Gesù accoglie il titolo di re nel momento in cui è totalmente inerme, essendo in balìa del potente del mondo che è Ponzio Pilato, rappresentante del potere di Roma. Questa diversità della regalità di Gesù rispetto ai re di questo mondo è anche esplicitata dalla sua affermazione: “Il mio regno non è di questo mondo”. L'umanità ha sempre barattato “ un po' di felicità ” ... “ per un po' di sicurezza ” - [ Sigmund Freud ] Vogliamo perciò approfondire quale può essere il senso con cui diamo a Gesù il titolo di re. Entrando nel dettaglio del dialogo tra Gesù e Pilato ci accorgiamo che chi si trova in difficoltà tra i due non è Gesù che pure è legato, sottomesso dalla volontà di Pilato, ma il debole è Pilato stesso, che di fronte a Gesù non ha il coraggio di ascoltare la voce della propria coscienza, di essere coerente col proprio pensiero interiore. Gesù mette in luce come Pilato non sia portatore di una riflessione autonoma, ma si lascia guidare dalla volontà di altri. Gesù mette in evidenza la meschinità di Pilato che non vive secondo la voce della coscienza che gli imporrebbe di lasciarlo libero, la sua decisione sarà dettata da altre logiche, quella cioè dell'opportunismo politico che lo porterà ad assecondare la volontà dei sacerdoti. Anche i sacerdoti a loro volta si oppongono a Gesù perché vedono in lui un ostacolo a conservare il loro posto di potere. Nel dialogo appare invece la diversa statura di Gesù, il quale emerge come un uomo totalmente libero, non intimorito dal potere di Pilato, non piegato alle pretese dei sacerdoti, ma totalmente fedele a se stesso, alla sua voce interiore. Si rovesciano le posizioni: chi dovrebbe essere l'uomo forte in realtà è debole perché si sottomette alla volontà di altri e ne asseconda le brame; Gesù, che apparentemente è debole perché sottomesso al potere di altri, in realtà è forte perché guidato da una luce interiore che lo sostiene. La luce interiore che sostiene Gesù è la sua relazione con Dio, che egli riconosce come il padre dal cui amore fa dipendere tutta la sua vita. Gesù è re perché realizza l'umanità nella sua espressione più alta: Gesù è l’uomo vero perché è l’uomo libero. Può dunque accadere che nasca in noi il desiderio di essere liberi dai tanti compromessi che ci condizionano per diventare capaci di fedeltà a noi stessi e alla nostra coscienza. Può accadere che chiediamo a Gesù: “Aiutami a diventare libero, a diventare come te”. |
il Parroco |