Il popolo rispose: «Amen, amen».
Lc 1, 1-4; 4, 14-21 Tempo ordinario III - Ciclo C
« Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. La società nella quale viviamo ha sviluppato nuovi, potenti e avanzati strumenti di comunicazione: la radio o la televisione sempre accesi nelle case riversano nelle nostre orecchie fiumi di parole, attraverso il telefono arrivano continui messaggi da parte dei nostri amici, se aderiamo ad un social finiamo con l’essere bombardati da comunicazioni che ci propongono acquisti di prodotti sempre nuovi o dalle assillanti esternazioni dei nuovi governanti. Sommersi da tante parole rischiamo di non riuscire più a distinguere quelle importanti da quelle inutili, mettendo tutto in un unico calderone. Tra le tante parole che ci arrivano spesso si nascondono messaggi falsi e tendenziosi; la comunicazione mira a colpirci nella parte più emotiva suscitando la reazione dei nostri sentimenti. Nonostante i rischi presentati dall’eccesso di parole che genera un senso di confusione, che non ci aiuta a distinguere ciò che è importante da ciò che è inutile, nonostante la seduzione di tanti messaggi che mirano a catturarci, crediamo al valore delle parole. Certo è sempre più necessario difenderci dalle troppe parole imponendoci spazi di silenzio; ogni tanto è utile imporci il “digiuno delle parole”. Certo è necessaria un’educazione per distinguere le parole vere dalle false e difenderci dai messaggi seducenti per poter continuare a esercitare la nostra razionalità. Sono necessarie le parole degli altri, soprattutto degli amici e di coloro che ci vogliono bene, in esse possiamo scoprire il significato da dare alla vita, i valori che orientano le nostre scelte. C’è un’altra Parola che dobbiamo imparare ad ascoltare: quella che Dio sta dicendo continuando a crearci nella vita e quella che attraverso di noi sta dicendo nel mondo. Con tutta la Chiesa, crediamo che nella Parola ascoltata dal popolo ebraico e trasmessa nella Sacra Scrittura troviamo le tracce per riconoscere e discernere quella che Dio dice oggi a noi. La liturgia di oggi ci offre due momenti molto solenni e suggestivi che hanno al centro il dono della Parola: * quello del popolo ritornato dall’esilio che riscopre la propria identità nell’ascolto della Sacra Scrittura solennemente proclamata,
* quello di Gesù nella liturgia del sabato, nella sinagoga di Nazareth. Possiamo ispirarci ad essi per comprendere come dovrebbe essere la liturgia della Parola nelle nostre celebrazioni domenicali. Gesù proclama solennemente, dopo aver letto un passo del profeta Isaia: “ Oggi si è compiuta questa Scrittura ”. Avvertiamo la forza che ha nella dichiarazione di Gesù il termine: “oggi”, una delle parole chiave in questo vangelo. Gesù dichiara che la presenza di Dio annunciata dal profeta, non è più da attendere come un evento che si compirà nel futuro, Dio ormai è una presenza vicina, contemporanea e perciò incontrabile; questa presenza si realizza attraverso la sua persona. Nella sacra Scrittura si potevano trovare tante parole che presentavano il volto di Dio e tanti modi diversi di presentare la volontà di Dio nei confronti dell’uomo. Tra tutte le parole possibili, Gesù sceglie questa profezia per definire com’è Dio e qual’è la missione che ha affidato a lui. Dio vuole donare un annuncio che rechi la gioia ai poveri, che restituisca la libertà a quelli che sono imprigionati. Dio vuole donare la luce a coloro che sono incapaci di vedere, vuole liberare coloro che sono schiacciati dalla durezza della vita. Possiamo riconoscere in queste parole il clima dell’anno giubilare, quando tutti i debiti dovevano essere cancellati: si restituiva la libertà agli schiavi e ciascuno ritornava in possesso della propria terra. Gesù esprime la coscienza che Dio è amore, una pienezza di amore, un amore assoluto, e che questo amore è per l’uomo, e che il Suo essere si realizza quando può amare l’uomo, dargli dignità, realizzando pienamente il disegno della creazione, che è “fare l’uomo a Sua immagine”. Queste parole guideranno l’azione di Gesù, il quale, ogni volta che incontrerà un uomo segnato dalla malattia, imprigionato dal male, si chinerà su di lui con la forza dell’amore per restituirgli salute e libertà. Le parole di Isaia che Gesù prende come suo programma di vita sono allora anche le parole del nostro programma di vita. |
il Parroco |