Dammi da bere.
« In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Nell’anno A, quello che stiamo vivendo dal punto di vista della liturgia domenicale, la Chiesa ha conservato in Quaresima i vangeli che costituivano le tappe dell’antico catecumenato: la preparazione immediata al Battesimo che si sarebbe celebrato nella veglia Pasquale. Incontriamo perciò di seguito in queste domeniche, Gesù che si presenta attraverso i simboli dell’acqua, della luce e della vita. Il racconto dell’incontro tra Gesù e la samaritana al pozzo di Sicar è così espressivo e contiene una particolare bellezza che credo tocchi la nostra anima già soltanto attraverso la lettura. Esso può rappresentare l’esperienza tipica dell’incontro con Gesù e dell’approdo alla fede. - “ Possiamo mettere in risalto gli atteggiamenti dei due personaggi protagonisti dell’incontro. Prima di tutto ci chiediamo: com’è Gesù? Il racconto evangelico ci parla di un Gesù affaticato che arriva al pozzo dopo un lungo cammino. Egli è rimasto solo perché gli apostoli sono andati in città per fare provviste, si siede accanto al pozzo aspettando che qualcuno arrivi con un recipiente per attingere acqua. Una attesa che potrebbe andare delusa perché è mezzogiorno ed è un’ora insolita per andare al pozzo a rifornirsi di acqua, di solito si va a prendere acqua al mattino per avere la riserva per tutta la giornata. Una donna della città arriva, forse proprio scegliendo quell’ora perché spera di non incontrare qualcuno. Gesù inizia l’incontro, nel suo gesto supera già tanti pregiudizi: l’interlocutrice è una donna ed è sconveniente che un maestro parli da solo con una donna, per di più è una samaritana e secondo le consuetudini dovrebbe osservare una rigida separazione. Supera la diffidenza che potrebbe irrigidire la donna, mostrandosi più debole: è stanco e assetato, è lui che ha bisogno e chiede alla donna da bere. La donna appare barricata, chiusa dentro la sua corazza e alle parole di Gesù che la vuole portare a esprimere la sua domanda per poterle offrire la propria acqua, sempre si schernisce portando altrove il discorso. Finché arriva finalmente ad arrendersi a Gesù, e ai suoi concittadini dai quali va di corsa per raccontare del suo incontro, riassumerà la sua esperienza affermando: “ Mi ha detto tutto quello che ho fatto”. Mi conosce eppure mi ha rivolto la parola, sa tutto di me e mi ha chiesto di dargli dell’acqua, sa dei miei peccati eppure ha avuto bisogno di me. Penso che tutti abbiamo fatto esperienza durante un’escursione in montagna, della gioia provata arrivando ad una fontana, quando finalmente si può placare la sete con un sorso di acqua fresca. Avere sete è una immagine che bene rappresenta la nostra condizione: siamo persone alla ricerca di qualcosa o di qualcuno che realizzi l’attesa di gioia. La sete non è solo di acqua, abbiamo molto di più, sete di essere riconosciuti nella nostra identità, di essere considerati, abbiamo sete di amore. - “ Questo è anche il nostro percorso di quaresima: - “ anch’io sono uno che ha sete, non mi do da solo tutte le risposte alle domande che pone la vita. Gesù, donandomi l’amore di Dio, è colui che dà senso alla mia vita. |
il Parroco |