Si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.
« Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Il racconto dell’incontro di Gesù risorto con due discepoli che nel giorno stesso della resurrezione vanno verso Emmaus, ha un particolare fascino; il sapere che è Gesù il viandante che si accompagna ai due discepoli e che non lo riconoscono, ci porta incuriositi a seguire la narrazione fino a condividere la sorpresa dei due, quando si svela nel gesto dello spezzare il pane. Questo episodio, proprio per la sua bellezza, ha ispirato molti artisti che l’hanno rappresentato nella pittura, famosi sono i dipinti di Caravaggio e Rembrandt. * “ Il senso profondo di questa narrazione: nel racconto dell’incontro di Gesù risorto con i due discepoli vediamo un duplice intento del narratore che l’ha testimoniato: L’episodio di Emmaus presenta, in modo esemplare, il percorso di approdo alla fede che hanno fatto tutti i discepoli. La morte di Gesù è stata percepita dal gruppo dei discepoli come un fallimento, niente più conta di ciò che hanno vissuto nel tempo che sono stati con Lui, la perdita della relazione li ha gettati nell’assoluto sconforto. I discepoli hanno il volto triste, quando si riferiscono a Gesù ne parlano al passato, dicono “speravamo”; questo verbo indica una azione del passato che ormai è finita. (non speriamo più). L’allontanarsi da Gerusalemme non solo indica la percezione della fine della relazione con Gesù, ma anche il prenderne le distanze come a cercare altro, forse il tornare alla vita di prima. Il sorgere della fede nei discepoli capovolge tutto, la morte è scoperta non come la fine dell’amore di Gesù, ma come il suo compimento, quell’amore così grande non è finito ma, custodito nel cuore, rimane sempre vivo. A Gerusalemme bisogna tornare per riprendere il contatto con la comunità degli altri discepoli, che ora deve essere il segno con cui Gesù continua ad essere presente nel mondo. Sarebbe bello poter avere a disposizione l’elenco delle citazioni della Scrittura, da Mosè ai Profeti, che si riferiscono a Lui e che giustificano la necessità della sua passione. Invece siamo noi che anche alla luce della Scrittura dobbiamo scoprire il senso della sofferenza di Gesù. Per molto tempo ha prevalso l’immagine sacrificale, Gesù è morto come agnello sacrificato per espiare il peccato. Oggi prevale il pensiero che vede in Gesù la figura del giusto, citato dal libro della sapienza nel secondo capitolo, che paga l’invidia degli empi ma porta a pienezza la sua giustizia. Solo uno dei discepoli che vanno a Emmaus ha nome, l’altro rimane senza nome perché ogni cristiano possa metterci il suo. È vero che non possiamo riconoscere l’amore attraverso l’incontro con l’umanità di Gesù, ma non siamo lasciati privi di segni che ci aiutano a riconoscere la Sua presenza. Due segni permettono di riconoscere Gesù in quel viandante sconosciuto: le Scritture, quella parola che fa ardere il cuore nel petto dei discepoli, e il gesto dello spezzare il pane, gesto emblematico che nell’ultima cena ha racchiuso il senso della Sua vita. L’ascolto delle Scritture e lo spezzare il Pane sono i gesti essenziali della nostra celebrazione domenicale, i segni nei quali riconoscere Gesù che si fa compagno sulla nostra strada. |
il Parroco |